elettrica danza

siamo in molti, seduti sul moloaudace, ad ammirare i fili, le corde, gli intrecci, i grovigli, i pilastri di luce che per brevi istanti percorrono, tessono, incrinano e squarciano il cielo dell’ovest. al balenare dei lampi appaiono i contorni e le nervature della massa oscura di nubi, mute. godiamo del vento di ponente che reca sollievo e, con subdola manovra a tenaglia, il diluvio.
ci lanciamo lungo il molo, in una corsa che sembra non finire mai, verso l’unico rifugio. ci si protegge al meglio con giacche, teli da mare, borse. accanto a me, una signora si ripara con un pechinese, zuppo quanto un mocciovileda, portato sulla testa come un colbacco. la piccolakrukka si leva i sandaletti e mi insegue scalza, ridendo e senza evitare una sola pozzanghera.
ci raduniamo tutti sotto il cornicione, un intrico di corpi bagnati e sudati, tra borse, cani, bonghi e didjeridu. sui volti storditi per la corsa e l’intenso odore della pietra bagnata, non si vedono che sorrisi. ne valeva la pena.

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