e i gatti guardano le alici

ho scoperto dove scappa behemot, tutti i giorni verso mezzogiorno.
avendo in frigo soltanto un paio di pomodori da insalata e una cipolla ferrarese, decido di uscire per comprare una mozzarella di bufala. le mie passeggiate rasentano sovente un pescivendolo non lontano da casa, copywriter mancato. tutti i giorni con gesso ed acqua scrive sulla vetrina, a candide lettere cubitali, frasi in triestino come sardoni de barcola pasta bianca duri, canoce indiavolade oppure granzi vivi e barufanti.
oltrepasso la pescheria ma nella mente persiste una figura familiare impressa casualmente nella retina. tornando sui miei passi scorgo la nerogatto accovacciata sul pavimento, mentre osserva immobile la merce sul bancone. passando, l’avevo scambiata per un fermaporta.
è suo? chiede il venditore, vedendomi esitante sulla soglia. sì, è mia, rispondo. vengo così a sapere che da tempo behemot trascorreva la mattina ipnotizzata davanti alle anguille dell’acquario in vetrina. un giorno, all’ora di chiusura, l’uomo le ha dato una manciata di sardoni avanzati dalla vendita. da allora la nerogatto si presenta puntuale, si sceglie un angolo e fissa sfacciatamente il pescivendolo finché non ha ottenuto la sua razione.
con imbarazzo, tento inutilmente di accordarmi per fissare un prezzo simbolico per il pesce a scrocco: mi ritrovo tra le mani un involto, dentro una busta di plastica. mi allontano, seguito da una nerogatto confusa. miagola pure, sfacciata, tra la pizza e il pesce mi fai passare per un affamagatti.
a casa mi accorgo di avere scordato la mozzarella. la nerogatto alza la testa e mi guarda leccandosi i baffi, prima di infilare ancora una volta il muso nel cartoccio.

pizza alla vicentina

una signora inviperita mi aggredisce sul portone di casa. è una vicina che ama stare alla finestra, con i gomiti puntati su un cuscino sottile. talvolta – per darsi un contegno – fuma una sigaretta, annaffia i gerani, taglia l’insalata o chiede l’ora ai passanti.
appurato il mio legame con behemot, racconta che lei e il signorluigi la sera prima hanno comperato due pizze per asporto. essendo troppo calde, il signorluigi ha avuto la brillante idea di farle raffreddare sul davanzale. pare che la nerogatta e l’amico gattoguercio siano balzati sulla cornice e si siano spazzolati le pizze, lasciando solo la pasta. una prosciuttoefunghi e una diavola.
assorti nelle avventure del commissariorex, i due sventurati non avrebbero colto in fragrante i due delinquenti se non fosse stato per l’intervento di briciola, valoroso cotechino a quattro zampe. affetto da asma, quasi ci restava secco per la violenta agitazione.
la signora minaccia di denunciarmi in quanto capo della feroce banda delle ville ma 12euro le danno soddisfazione.
ecco la ragione di quello stomachevole odore di salamino piccante, a colazione. l’accento veneto della signora non era rassicurante, spero che behemot le giri al largo.

trieste-messico sola andata

è l’ultima volta che porto con me le due pesti nel parco di miramare.
dopo aver ascoltato tutta la storia del castello e dell’imperatore del messico, la piccolakrukka mi ha costretto a giocare a massimiliano e carlotta. non credo sia mai esistita una principessa più viziata, vanitosa e prepotente. il povero massimiliano non solo doveva sconfiggere i rivoluzionari, farsi regalare un’isola da napoleoneterzo per trascorrere le vacanze e strigliare l’architetto junker per non avere costruito le segrete ma anche tenere d’occhio behemot, che non voleva saperne di fare il cavallo e mangiare erba e conduceva attenti studi sulla fauna locale. la nerogatto aveva compreso subito il meccanismo e, appostata nelle vicinanze dei turisti che richiamavano gli scoiattoli sbattendo le noci tra loro, seminava il panico tra i roditori. l’ho vista saettare fino alla cima di un cedro del libano alto almeno una ventina di metri.
dopo la nobile caccia allo scoiattolo e un noioso thè con elisabetta d’austria siamo discesi nel porticciolo di grignano, ai piedi del promontorio del parco, ma nemmeno lì ho potuto stare tranquillo. behemot ha puntato un pescatore e si è strofinata sulle sue gambe finché non ha ottenuto un paio di sardoni destinati all’esca. non contenta, si è messa sull’attenti per seguire tutti i movimenti dell’uomo, sperando forse in una salpa appena pescata. ad ogni lancio del pescatore temevo che la pelliccia venisse agganciata e la nerogatto fosse proiettata in mare.
ci sono gli squali! ha urlato ingeborg quando l’ho invitata a nuotare con me. io non so che cosa raccontino nelle scuole tedesche. quando andate in italia state attenti agli scippatori e agli squali, forse. le ho parlato dei pesci più strani e dei graziosi cavallucci marini della riserva naturale ma non c’è stato verso di farla entrare in acqua. ha pure cominciato a lamentarsi: non ci sono conchiglie, dove posso cercare le conchiglie, voglio le conchiglie, a che cosa serve andare al mare se non si possono avere le conchiglie.
ho dovuto tuffarmi ed emergere con conchiglie, gusci di riccio e sassi dalla forma strana fino a sera. ancora adesso mi esce acqua salata dalle orecchie e dal naso.

glottometro

tre giorni fa behemot ha tirato fuori la lingua e non l’ha più rimessa al suo posto. non riesco ad abituarmi alla vista di quel pendulo lembo di carne rosa, sembra una pantera di pezza.
quando la vede, la piccolakrukka scoppia a ridere e allunga il dito per toccare quello sberleffo perenne. almeno ha smesso di sfotterla: ero stufo di incrociare ingeborg mentre girava per casa con la lingua di fuori.
ora devo trovare behemot. odio il sapore dei francobolli.

camera con svista

io di sesso non ho mai capito molto neppure in vita.
sono alla finestra e osservo con invidia behemot, disteso su un ramo del ciliegio in fiore come un antico romano sul triclinio. entrambi ci svegliamo al mattino per aspettare la sera ma vi è una sottile differenza. il nerogatto non fa nulla, ma lo fa con classe. il suo codice genetico è scritto nel segno dell’indolenza mentre io vi sono costretto. behemot sa assaporare i piccoli piaceri quotidiani, quali lo stare sdraiati su un ramo di ciliegio, con il naso tra i fiori e il sole che ti accarezza. io no. io sono sempre in attesa di qualcosa che non conosco. vivo di imprevisti.
almeno venisse glassato dalle formiche.
non posso sopportarne oltre la vista. e se non godo io, non deve godere nemmeno lui. vado in cucina a prendere un pacco di riso e torno alla finestra, scuotendo la scatola – bastardo – a simulare croccanti delizie. behemot orienta le orecchie a piccoli scatti e si materializza sul davanzale, il suo naso contro contro il mio.
ha un’aria così delusa, quando si rende conto che non gli offro nulla, da farmi sentire un verme. ma sembra dimenticare il mio gesto crudele, mentre si allunga soddisfatto sotto le mie carezze. vibra del suo dolce brontolio e si distende sul dorso, cercando la mia mano con piccoli morsi e lievi zampate.
un particolare, o meglio l’assenza di un dettaglio interrompe le mie effusioni. perplesso e incredulo, colto da pudore ed evitando una verifica tattile, soffio tra il soffice pelo del suo ventre. con una rapida torsione behemot si rialza e torna sul ciliegio, contrariato ed offeso.
non li ha. non li ha mai avuti.
è una neragatta.