trito tricolore

invece di crollo, possiamo
scrivere leggera flessione?
mirumir

lo squillo, insistente, risuona attutito. tendo l’orecchio e mi sposto da una stanza all’altra, alla ricerca del telefono. infine lo trovo, sotto la pancia della nerogatto. sdraiata sul divano, si guarda attorno contrariata, con l’aria di cercare la fonte del suono irritante. hallo hallo, ciao ciao! per la gioia stringo il telefono e lo premo contro l’orecchio, nonostante le strilla assordanti della piccolakrukka. mi urla un wiegehtsdir e senza attendere la mia risposta starnazza: ho orologio, orologio nuovo di polso, è un racheta, mi ha regalato boris! che ore sono, la interrompo. silenzio. è un racheta, un regalo di boris! sì, ma che ore sono? insisto, bastardo. una pausa ancora più lunga. le ottomezza sono le ottomezza, grida eccitata come fosse un evento eccezionale. e in effetti lo è, visto che qui sono le 14.30 e lì, presumo, le 16.30.
lasciamo perdere. in sottofondo, una voce maschile si lamenta. chi c’è con te, boris? chiedo. sì, boris, boris che regala orologi e canta эй, ухнем! risponde ingeborg. beve molto e canta molto in questi giorni, è tutto mielenso, spiega.
zoom inieri sera, invece, boris non era così triste e ha portato la piccolakrukka a mangiare italiano, alla траттория у красных ворот. bella idea, come mai non gli è venuto in mente prima? commento. meglio così, borbotta ingeborg. ma la serata non è finita lì. dopo cena si sono recati in un posto alla moda, ma così alla moda che tutti portavano il vokuhila. erano per caso laminati in jeans, con mocassini neri e calzini bianchi? indago. no, solo il vokuhila, il resto normale, precisa la piccolakrukka. non voglio approfondire il suo concetto di normalità. il locale era davvero bizzarro. secondo il suo racconto, all’improvviso – forse ad un segnale convenuto – gli avventori al banco indossavano un casco e i barmen salivano sul bancone, correndo dall’uno all’altro per servire un intruglio. i clienti svuotavano il bicchiere in un colpo solo e i baristi tiravano loro una mazzata sulla testa. non sto più nella bara, non vedo l’ora che questa novità arrivi in italia.
stamane la piccolakrukka ha accompagnato alla stazione ferroviaria boris, che necessitava di un biglietto. dopo aver atteso pazientemente in fila il loro turno, sono stati informati che i biglietti per la località desiderata erano terminati. non tutti, solo quelli assegnati a quello sportello. ma le altre девушки non possono dare i biglietti avanzati? ha protestato ingeborg. che domande, si cambia sportello, no? ha replicato boris.
strano. la serata di festa, il treno… hanno tutta l’aria di essere i preparativi per un viaggio, non una semplice gita. un ritorno nel mondo dei vivi? la piccolakrukka torna qui? il ddm la smista altrove? lei non sa o non vuole spiegare. al ddm si limitano ad un laconico pratica in corso.

ракета (raketa): è la marca più nota di orologi russi destinati ad uso civile, nonostante il nome significhi razzo. la produzione iniziò nel 1932 a petrodvorec, vicino a pietroburgo, in una fabbrica fondata nel 1701 dallo zar pietroilgrande per la lavorazione di pietre preziose. alla fine degli anni ’80 furono importati ufficialmente anche in italia, pubblicizzati come paketa – un nome, un programma. fallita nel 1995, di recente la raketa ha ripreso la produzione ma solo per rifilare paketiglia a turisti nostalgici. famosi erano i modelli 24ore ideati per minatori, esploratori polari, anglosassoni, discotecari a ibiza e altri personaggi che altrimenti non saprebbero distinguere tra il giorno e la notte. finezza superflua: l’assenza di guarnizione favorisce l’accumulo di condensa all’interno del vetro – rendendo illeggibile l’ora – anche solo in presenza di un rubinetto aperto nella stanza accanto
эй, ухнем! (èj, ukhnem!): ho, issa!, nota anche come canzone del battelliere del volga, narra le eroiche gesta di questi uomini che lottano contro il possente fiume e i nefasti effetti dell’alcol, remando controcorrente per trasportare le merci, come storioni verso un utopico luogo di riproduzione. il testo è una sequela di intercalari belluini e versi di incitamento come oh, issa! forza, dai! yo heave ho! remate, manica di scansafatiche e buonianulla! usate quella schiena, smidollati! forza, con quei remi! raffinato il gioco di parole tra voda (acqua) e vodka, toccante il lirismo dei versi:
mentre voghiamo
cantiamo al sole una canzone
e tu, volga, fiume madre,
scorri ampio e profondo.

траттория у красных ворот (trattorija u krasnykh vorot): trattoria alla porta rossa – o bella, fate un salto e verificate il colore. la piaga dei locali tipici italiani si è diffusa anche nella federazione russa. una volta entrati, sarete accolti da un losco figuro con capelli e baffoni neri, occhi scuri e carnagione olivastra. inutile rivolgergli la parola in italiano, è georgiano. solitamente porta una maglietta a righe orizzontali bianche e rosse, i pantaloni di una tuta, stivali in cuoio e un cappello di paglia o a visiera con il logo di italia90. sui tavoli l’inevitabile tovaglia a quadretti bianchi e rossi, alle pareti sono appese vedute di napoli, venezia, firenze, roma e rozzano, dove il gestore ha vissuto e lavorato per tre anni. fanno bella mostra di sé anche maschere di pulcinella, reti da pesca, modellini di gondole e trulli, i poster di tutte le serietv della piovra, una maglietta della roma autografata da landofiorini, un remo da gondoliere, il guanto di clayregazzoni firmato da raffaellacarrà. il menù – in cirillico – è la mera traslitterazione dall’italiano, scremato dalle doppie consonanti. si esordisce con spageti, tal’iatele o lasan’e, mentre il condimento può essere italia (un trito tricolore: ufficialmente pomodoro, mocarela e baziliko ma in realtà paprika, formaggino e finocchietto), bologna (ketchup e carne) o pesto (crema di cavolo e finocchietto). spaghetti e tagliatelle sono rigorosamente spezzati per venire incontro alla scarsa maestria dei russi nell’usare la forchetta a fini avvolgenti, anche a causa dell’alto grado di coesione della pasta. immancabile la piza margerita, che si avvale del solito italia. tra i secondi piatti polpete kon sugo, dalle quali si evince la fattura del bologna, ottenuto mediante sbriciolamento delle stesse. il menù prevede anche kotoleta milano, la cui dorata impanatura la rende croccante come il mandorlato o morbida come una polentina, a seconda dell’imprevedibile reazione chimica scaturita dalla frittura. il contorno spazia dalle patatine fritte al cavolocappuccio, dalle patate lesse al cavolo lessato. al limite, si può ordinare un risoto fungi, previsto solo come contorno, in cui la fisionomia del chicco di riso è trasfigurata secondo le speculazioni mnemotemporali di dalì. il dessert cede, e forse è una fortuna, alla pesante tradizione russa. vi verrà offerto con orgoglio un kafè espreso, anche koreto vodka; la presenza di una macchina identica a quella dei bar italiani vi rassicurerà ma qualcosa, nelle materie prime o nella loro elaborazione, andrà storto. rimpiangerete l’orzoro
vokuhila (vorne kurz hinten lang): davanti corto dietro lungo, era il taglio di capelli in auge presso gli afrikakorps, affascinati dalla raffinata eleganza delle iene. difatti il comandante rommel era noto come la iena e non la volpe del deserto ma si sa, la storia la scrivono i vincitori. l’ultimo grido nei paesi germanofoni da circa 50 anni, senza interruzioni, imperversa anche in altre aree del pianeta seguendo imprevedibili ondate cicliche a cui molti studiosi hanno tentato di applicare invano i modelli matematici della teoria delle catastrofi. il fenomeno ha carattere endemico nei paesi dell’est europa ma trova terreno fertile sui crani ambosessi di nord europa, russia, italia, usa e giappone
девушка (devuška): ragazza, ossia qualunque essere umano di sesso femminile in grado di respirare. la rivoluzione d’ottobre, infatti, aveva abolito la parola госпожа (gospoža, signora), di accezione borghese, per sostituirla con гражданка (graždanka, cittadina) e товарищ (tovarišč, compagna), che col tempo assunsero una connotazione rispettivamente burocratica e partitica, creando un ridicolo vuoto lessicale. dopo il crollo del comunismo, anche i due termini sovietici sono diventati tabù ma finora la lacuna non è stata colmata – il termine signora ancora adesso è rivolto solo alle straniere

rosso è bello

when in doubt wear red
bill blass

tieni una rubrica di posta del cuore, ora? sghignazza domino hurley, incrociandomi nell’atrio del ddm con un fascio di lettere tra le mani. no, sono i miei fans. la censura mi ha dato l’ok, sussurro con aria complice. e da quando abbiamo una censura, noi? chiede interdetto. la possibilità che la mia corrispondenza sia controllata mi attribuisce uno status invidiabile, alle orbite vuote di quel teschio da cripta.
una lettera spicca su tutte, la busta fittamente istoriata di minuscole falci&martello e stellinerosse. all’interno, il racconto di un sabato moscovita – stavolta in caratteri latini, senza sadiche traslitterazioni – e la mappa delle rete metropolitana.
vieni con me, ti faccio vedere la città, le ha proposto boris in un raro momento di sobrietà. un’estenuante carrellata di stazioni della metro, per ammirare le opere d’arte del realismo socialista: fregi, mosaici, bassorilievi ed affreschi con fieri partigiani, alacri operai, leggiadre ballerine, arditi cosmonauti, ispirati musicisti, assorti letterati, virili battellieri del volga, infidi pasticcieri trozkisti. all’ennesimo, plastico atleta ingeborg è balzata dentro una carrozza della metropolitana in partenza. anche boris è riuscito a salire, ma un lembo del cappotto è rimasto impigliato nelle porte. una situazione umiliante. lo sventurato tentava invano di darsi un contegno, appoggiato alla porta con finta disinvoltura, mentre la piccolakrukka lo bersagliava con palle di carta di giornale grandi come angurie.

dopo ero nella красная площадь. che poi non è una piazza ma solo un spazio grande e vuoto dentro alla città, con pochi palazzi persi: il кремль, il museo storico statale, il гум, la собор василия блаженного, il mausoleum del signor lenin. questo signore è famoso. sta sempre insieme all’amico signor marx, passa tutto il giorno con i turisti in fila per vedere la sua mumia e gli piace farsi le foto mentre li abbraccia.
là vicino c’è il palazzo vecchio del kgb, la casa delle spie. boris, da vivo, aveva un büro lì dentro, sai? il suo lavoro era scrivere la vita delle persone.

sul lato occidentale del cremlino, nel giardino di alessandro, ingeborg ha visto snodarsi una lunga fila di coppie di sposi. erano in attesa del proprio turno per una fotografia con la bandiera rossa in mano, presso la tomba del militeignoto.
alla fine della lunga passeggiata, boris si è accostato ad un baracchino e le ha offerto una bella картошка fumante. alla piccolakrukka piace la cucina russa. solo, vorrebbe che non mettessero tanto finocchietto selvaggio in tutti i cibi.

красная площадь (krasnaja ploščad’): la piazzarossa era in origine chiamata posto vuoto, poi posto bruciato, infine piazza rossa, tra qualche anno posto turistico. in realtà il suo nome è bella piazzabello e rosso in russo hanno la stessa radice – ma il colore dominante degli edifici inganna lo straniero e in ogni caso il comunismo non ha fatto nulla per sciogliere l’equivoco: anzi, ha fatto credere agli stessi russi che la piazza sia rossa e non bella. la parola красный (krasnyj) è polisemica, al punto che accostata a pesce può significare pesce cartilaginoso. se vi indicano una vasca con i pesci rossi non immergete la mano, potrebbero essere squali
кремль (kreml’): il cremlino è il nucleo fortificato della città, e come tale quello di mosca non è l’unico. la commedia dell’arte sovietica prevedeva che – nei momenti storici o durante le tradizionali e folcloristiche parate militari – i pupazzetti di partito si affacciassero dalla sommità del mausoleo di lenin, davanti alle mura del cremlino, in atto benedicente e con vaga aria di approvazione
гум – главный/государственный универсальный магазин (gum – glavnyj/gosudarstvennyj magazin): finché erano statali, i magazzini generali erano accessibili solo alla nomenklatura di partito e agli occidentali; ora che sono grandi, vi fanno shopping mafiosi e zoccole. coin sta al gum come un negozietto cinese sta a prada. tre gallerie su tre livelli, con coperture in vetro e passaggi aerei, tra arredi, luminarie e decorazioni lussuosi. orchestrine jazz vi vivono recluse, con grossi ceppi alle caviglie
собор василия блаженного (sobor vasilija blažennogo): la cattedrale di san basilio è il risultato della fusione di 10 cappelle dalle caratteristiche cupole a gelatoespresso. al suo interno non c’è spazio per pregare, ma molto per perdersi. si narra che lo zar chiese ai due architetti progettisti se sarebbero stati in grado di costruire una chiesa ancora più bella. i due fessi risposero di sì e lo zar ivan, detto il terribile e non certo il sensibile, li fece accecare. realizzata per commemorare la vittoria sui tartari, nel 1588 fu aggiunta la decima cappella in onore di san basilio, che le donne moscovite pregavano per evitare gravidanze indesiderate. culto allo studio del cardinale ruini, che sta pensando di introdurlo in italia come metodo contraccettivo
картошка (kartoška): patata cotta su cui è praticata una fenditura. può essere farcita con polpa di granchio, würstel, cetrioli, salmone, funghi, aringa, carne di origine incerta, gli avanzi della cena dell’omino o la cenere delle sue sigarette. viene condita – secondo le preferenze cromatiche, olfattive e gustative del cliente – con delicate salsine, i cui colori coprono l’intero spettro della luce visibile, dalla senape alla mousse di cavolo. possiede l’equivalente calorico di una tinozza di spaghetti alla carbonara

cromoterapia

C:>cd anime

C:ANIME>cd errate

C:ANIMEERRATE>dir/p
Volume in drive C has no label
Volume Serial number is DDM-974

Directory of C:ANIMEERRATE

14/04/2006 <DIR> .
14/04/2006 <DIR> ..
14/03/2005 4.001.951 Ingeborg.sou
1 File(s) 4.001.951 bytes
2 Dir(s) 27.016.847.360 bytes free

C:ANIMEERRATE>

La piccolakrukka sembra scomparsa, eppure il dossier a suo carico è ancora in attivo. Ho contattato il ddm per avere notizie ma quegli imbecilli non sanno nulla. pare invece che in qualche ufficio si sia arenata una decina di lettere o cartoline spedite al mio indirizzo. colpa di quell’imbecille di boris čerep, che con la sua solerzia di ex agente del kgb ha inviato al ddm le missive di ingeborg per sottoporle al vaglio della censura. cretino, al dipartimento non esiste nessun funzionario preposto alla censura. dovrò fare un viaggio apposta per tentare di recuperarle.
peccato. ci tenevo, e quasi ci speravo, che la piccolakrukka tornasse da me per pasqua. avevo preparato tutto, secondo i suoi minuziosi racconti, come se fosse un rito per la sua evocazione.
ho battuto il carso e sollevato il culo a decine di galline, alla ricerca delle uova più bianche. una vecchina slovena me ne ha cedute una dozzina, candide come il latte. ho le cipolle per dare loro un colore rossastro, ho messo da parte i fondi di caffè e tostato le radici di tarassaco per tingerle di pallidi marroni, ho perfino lo zafferano e le radici di biancospino per i gialli, ho raccolto lo spinacio selvatico per il verde. ho scelto le foglie e i petali di fiore più bizzarri per sfumare i colori e creare sui gusci le forme più belle.

ho tutto, manca solo lei.

gesù di великий устюг

i never believed in santa claus
because i knew no white dude
would come into my
neighborhood after dark
dick gregory

ingeborg si è fatta viva – per così dire – con una mail di auguri per il 2006. mi ha scritto traslitterando in cirillico ogni singolo carattere, così leggo lentamente e saporo le parole, scrive la piccola sadica. il sospetto mi ha colto soltanto all’undicesimo vocabolo che cercavo inutilmente sul dizionario online. naturalmente, nel momento in cui ho cercato un sito per la traslitterazione automatica, il server mi ha salutato ed è partito per la settimana bianca.
rassegnato, ho preparato una pentola di the, prima di cimentarmi nel crittogramma. le parole si riconoscono al volo, direte voi, che cosa ci vuole? e poi il contesto aiuta. giusto, se la piccolakrukka scrivesse in italiano: non solo le parole sono storpiate o menomate ma devo pure improvvisarmi filologo per portarle alla luce, sepolte sotto i detriti dei calchi dal tedesco.
con molta fatica, ingeborg ha chiesto e ottenuto di festeggiare il natale. immagino che il povero boris, morto in piena era sovietica, non comprendesse le insistenze della piccola tarma e anche se avesse avuto una vaga idea della festività cristiana, la collocava sicuramente il 7 gennaio. comunque lo sciagurato è stato precettato, al punto da impersonare дед мороз, con grande gioia della piccolakrukka che si è travestita da снегурочка.
hanno fatto perfino lo ёлка, a modo loro: le palle sono sostituite dalle писанки, mentre un foulard rosso e una stola di pelliccia avvolgono i rami come festoni. sulla punta dell’abete non potevano mancare la falce e il martello incrociati.
il presepe è un capolavoro autarchico. nella piccola изба, scaldata dall’asino e dall’orso siberiano, una матрёшка logora ed incrinata, appoggiata ad un fuscello, attende il grande evento in compagnia di una delicata матрёшка velata d’azzurro – nella cui cavità è celata un’altra minuscola матрёшка. una coppia di матрёшки celesti con piccole alucce di carta sono impiccate nelle vicinanze. frondosi alberi di lichene, morbidi pascoli e dolci colline in muschio circondano la telescopica famiglia. ingeborg ha coinvolto boris in rischiose missioni, chino sui vialetti ghiacciati del парк имени горького alla ricerca del muschio sotto la coltre di neve ghiacciata, col pericolo di perdere le dita sotto le lame dei pattini dei piccoli criminali che sfrecciavano a pochi centimetri. i moscoviti si staranno ancora chiedendo quale strano fenomeno abbia colpito i tronchi delle betulle cittadine, incisi e graffiati sul lato esposto a sud-est.
un vero presepe lo si riconosce subito, nonostante la massiccia presenza di матрёшки. l’immancabile pastore con cappello a cono e il gregge di renne siberiane ricoperte di cotone, l’oste che distilla la vodka clandestina, le piccole матрёшки che pattinano sullo stagno ghiacciato, il pescatore di storioni, la badante, l’allevatore di zibellini, la venditrice di cetrioli, il suonatore di балалайка, il cosacco a cavallo, il coltivatore di insalata russa.
i tre maghi, матрёшки con turbante, sono già in cammino guidati dalla stella rossa sul tetto dell’изба. cometa priva di coda ma portatrice di grande speranze per l’umanità, ha precisato boris. la sua mano è ben visibile anche nelle uniche eccezioni alle матрёшки: il soldatino dell’armata russa, il minatore, il cosmonauta, l’operaio metalmeccanico, stalin il piccolo padre, l’agente del kgb,  l’icona di хрущёв, la лада, il puffo comunista, l’ingegnere, il compagno lenin. tutti con il pugno sinistro levato al cielo.

lontano, all’orizzonte, naviga minaccioso un sommergibile nucleare.

дед мороз (ded moroz): nonnogelo, il babbonatale russo. dopo la rivoluzione bolscevica fu deportato nel villaggio di великий устюг (velikij ustjug), 500 km a nord di mosca. stalin lo riabilitò nel ’48, concedendogli un giorno di libertà all’anno. il 7 gennaio, natale ortodosso? neanche per sogno. il 25 dicembre, nemmeno a parlarne. allora a capodanno? si, ma non quello ortodosso del 13 gennaio. un casino. nonnogelo porta i regali ai bambini, mentre i loro genitori fissano in tv l’orologio del cremlino che batte la mezzanotte
снегурочка (sneguročka): nonnogelo – che è vecchio ma non rincoglionito – si fa accompagnare da fiocchetto di neve, una gnocca appena uscita dall’adolescenza
новогодняя ёлка (novogodnjaja ёlka): abete di capodanno, il cugino sovietico dell’albero di natale
писанки (pisanki): uova di legno dipinte, con motivi geometrici, floreali o siderurgici. il fatto che siano pasquali è un dettaglio marginale, per la piccolakrukka
изба (izba): monolocale rurale in legno, delizioso tetto di paglia o legno, termoautonomo, grande e pittoresca stufa centrale, solo per amanti tranquillità. da non confondersi con la дача (dača), villino fighetto – presso laghi e fiumi all’interno di fitte foreste – dove il russo con ambizioni di milanese trascorre i giorni di vacanza
матрёшка (matrёška): la famosa, irritante statuetta in legno dipinto – al cui interno sono contenuti 7 cloni – raffigurante una presunta contadina russa dalle gotine rosse e dall’espressione idiota. souvenir inventato alla fine dell’ottocento, finto quanto un gondoliere in divisa che canta ‘o sole mio
парк имени горького (park imeni gor´kogo): a noi noto come gorky park. si pregano tutti coloro che hanno fatto scattare l’accendino, intonando wind of change degli scorpions, di non tornare più in questo blog
балалайка (balalajka): liuto ideato da un’ingegnere aerospaziale
никита сергеевич хрущёв (nikita sergeevič khruščёv): l’uomo che durante una seduta dell’onu si tolse una scarpa e cominciò a martellare il banco
лада (lada): leggendaria automobile in legno di betulla e ghisa, prodotta dalla автоваз (avtovaz o vaz). nel ’68 gli ingegneri progettisti – inviati in delegazione in italia – chiesero asilo politico e furono assunti dalla fiat. due piani quinquennali, e nacque la fiat duna

insalata russa

il confine naturale della russia
sembrerebbe estendersi da danzica,
o forse stittino, fino a trieste
friedrich engels

la nerogatto, raccolta nel mio grembo, si irrigidisce. un attimo dopo, il telefono squilla. ci scambiamo uno sguardo perplesso: avranno sbagliato, nessuno conosce il mio numero. riprendo il mio morellino di scansano, behemot le sue fusa.
il telefono insiste una seconda volta, poi una terza. sospiro, sollevo la cornetta. pronto, mi spiace lei ha sbagliato nu… una voce concitata mi investe, una slavina di parole si riversa su di me. sembrerebbe la piccolakrukka. sembra, perché quella cadenza tra la stefanenko e il bergamasco mi è sconosciuta.
l’emozione è forte, non immaginavo di poter sentire ancora quella piccola voce petulante. non mi sono fatta sentire prima perché non avevo la tessera, spiega. sei settimane per ottenere dallo stesso boris lo status di anima errata residente a mosca, e poter usare il telefono. decine di moduli compilati e firmati, respinti perché imprecisi o incompleti. ma se è stata lui, a portarsela in russia! che cosa può saperne lei di codici identificativi, previsioni di permanenza o natura del decesso dei propri avi? ora esibisce la tessera anche per uscire di casa.
ingeborg parla a raffica, con frasi sconclusionate e slegate fra loro. mi racconta della sua casa gialla lungo la москва, della finestra da cui si vede il cremlino. mi canta alcune strofe di забота у нас простая e тёмная ночь. ha nevicato solo una volta, non fa così freddo. e non è vero che i russi non fanno mai nulla, lavorano tutti. magari come custodi di scale mobili, immoti come cernie sul fondo di un acquario, ma lavorano. ha visto una parata militare, i soldati sono buffi, si danno dei gran calci nel sedere. si chiama passo dell’oca, le preciso. да да да passodelloca passodelloca passodelloca, ripete eccitata la piccolakrukka. ora ti devo lasciare, алёша mi chiama, mangiamo un paio di cetrioli dal suo amico миша e poi facciamo le vasche nella prospettiva grande, sussurra in fretta. a quanto pare, in russia l’happy hour consiste in cetrioli, pane nero e vodka a stemperare il tutto. e chi sono questi amici, anche loro animerrate? ma sì, trilla ingeborg, ora scappo, до скорого! doscorogo che, mormoro rassegnato.
un altro calice di morellino, le note di prospettiva nevski.
vieni qui, behemot. fatti stringere.

москва (moskova): il fiume, anzi la città, no il fiume.
забота у нас простая (zabota u nas prostaja): il nostro solo pensiero
uno solo è il nostro pensiero,
il nostro pensiero è questo,
che la nostra terra natale continui a vivere
e questo è tutto ciò che importa.
тёмная ночь (tëmnaja noč’): notte nera
notte nera, solo i proiettili fischiano nella steppa,
solo il vento geme sui fili, le stelle scintillano fioche.
nella notte nera tu, mia amata, lo so, non dormi,
e accanto al lettino di un bimbo, di nascosto ti asciughi una lacrima.
алёша (alëša): sandrino
миша (miša): michelino
до скорого (do skorogo): suona come una maledizione ma equivale ad un arrivederci, a presto