finalmente è arrivata una lettera, superando la censura di boris čerep. la busta è visibilmente stata aperta e poi sigillata. certe abitudini sono dure a morire.
la piccolakrukka aveva intuito l’equivoco del ddm ma il personaggio con la voce di bassotuba e un panettone di pelo sul capo era troppo buffo per non seguirlo. il mio collega sembra avere modi bruschi ma sa anche essere gentile, le ha perfino regalato un manicotto di pelliccia – un gatto, insinua – che lei riempie di semi di zucca da sgranocchiare per strada. boris diviene addirittura cordiale quando beve l’acquetta – questa la sua fedele traduzione – e per questo le piace l’ora in cui cala la sera, presumo le tre del pomeriggio. una volta gli facevo trecce su baffi e poi lui canta sempre oчи чёрные e катюша, scrive. quella dell’imperfetto è una causa persa.
se ho capito bene, boris vive in un paio di stanze in quella che ufficialmente è una casa dello studente. nella realtà, camere e corridoi brulicano di anziani e bambini riuniti in estese formazioni tribali spesso in lotta tra loro.
ingeborg si dilunga a scrivere del cibo. la cucina moscovita è una semplice combinazione di farina, uova, latte e cavolo nella quale variano solo le proporzioni degli elementi e la loro forma chimico-fisica. è strano, ma non cita le patate: forse vengono destinate esclusivamente alla produzione di vodka.
al mattino, una ricca colazione a base di the, кашa e блини con marmellata o сметана. a pranzo una minestra di cipolle o cavoli, a volte polpette – immagino sempre di cavolo. la cena consiste in formaggini, cetrioli, cereali, latte e yogurt ma boris, quando è ben carburato, porta la piccolakrukka a mangiare пирожки oppure блини salati, variazioni di involucro su un’unico tema. per dessert, strudel o mousse di cavolo.
ingeborg si lamenta di non riuscire a trovare una mela o una carota in tutta la città. e i suoi capelli, i suoi vestiti, boris, l’intera mosca ha un avvolgente, appiccicoso odore di cavolo. non si trova così male lì ma non vede l’ora di tornare da me e di nutrirsi soltanto di pasta, frutta e verdura per qualche mese.
la accoglierò secondo l’antico rito della pizz ‘e scarole.
катюша (katjuša): fischia il vento
кашa (kaša): polentina di grano saraceno o segatura di betulla, impastata con latte, burro e panna fresca in un climax lipidico talvolta coronato da un infarto
блини (blini): sorta di omelette o di palačinke, spesso accompagnati da marmellata di cavolo
сметана (smetana): panna acida
пирожки (pirožki): fagottini farciti di carne, funghi o pesce oppure – se va male – indovinate con che cosa.
Segatura di betulla?
“Indovinate con che cosa”…
Bambini, vero? 🙂
[Miru]
è noto come nascano sotto i cavoli.
Ehm. Per una volta, la faccina ci sta tutta.
^_^
Ma, scusi, poi… la сметана su cosa la mangiano?
nientaffatto, a me la cucina russa piace molto.
mi sembra, mentre mangio, di leggere qualche pagina pietroburghese degli scrittori che lei sa.
Dopo, resta sempre quel sapore di cellulosa ben spalmato sulla papilla.
la сметана? con i блини, è ovvio.
da non provare nel caso si fosse dotati di un’unica, preziosissima papilla come herr effe. si rischia di passare per persona priva di gusto.
monopapillato, certo.
E il gusto è un teroema che dimostra se stesso (i gusti son gusti essendone l’enunciazione)
herr effe, lei mi ha frainteso. intendevo dire che per affrontare la cucina russa non vale la pena mettere a repentaglio l’unica papilla in proprio possesso.
mi chiedo invece se esista un substrato comune tra papilla e papillon. l’etimologia di papilla, però, sembra negarlo.
avevo ben inteso, ma poi devo aver fatto un doppo carpiato (o carpione, con aceto).
A questo punto, propongo un apparentamento tra papilla e pupilla (vedi l’espressione: mangiare con gli occhi)
Forse le farfalle hanno un’unica papilla – molto grossa, una papillona – posta proprio in cima alla lunghissima retrattile spiralata proboscidina.